Archivio PilloleDiTerapia

23. 22 dicembre 2019 Riflessioni sull’intenzionalità degli interventi in un colloquio capacitante   Pietro Longhi

22. 2 agosto 2019 Quando parlare e comunicare sembrano impossibili. Il fischio

21. 19 novembre 2017 Sulla (psico)terapia capacitante

20. 30 maggio 2016 Sulla terapia del riconoscimento (testo n. 283 ).

19. 23 maggio 2016 Sui mondi possibili, contrastanti e compresenti

Mio papà è in pensione da tanti anni, forse è anche in paradiso.

18. 16 maggio 2016 Sulla consapevolezza

La memoria è il disastro, perché non ero abituata. E’ sparita un po’ troppo. Sto bene per tutto ma, porca miseria, la memoria!

17. 3 settembre 2015.  Sul parlare dei deficit e sulla loro accettazione

Ogni tanto mi capita di cercare le parole, e se comincia mi perseguita per un quarto d’ora… in compenso poi magari non succede più per una settimana. Diciamo che se è un sintomo degenerativo, per ora è accettabilissimo.

16. 11 luglio 2014. SUL PARLARE CON PERSONE CON DEMENZA FRONTO TEMPORALE

Sono una psicoterapeuta e  le scrivo per un consulto. Attualmente mi trovo a fare colloqui di 50 minuti, a domicilio (una volta a settimana)  con un paziente di 59 anni affetto da demenza fronto-temporale. Un anno fa il paziente, un professionista molto affermato, aveva un MMSE di 26 ora di 8. Purtroppo, pur adottando le tecniche dell’Approccio Capacitante, mi trovo in difficoltà non solo a causa dei severi disturbi cognitivi ma, soprattutto, a causa del comportamento oppositivo   e a tratti irascibile manifestato dal paziente. Ho utilizzato anche le foto di famiglia ma questa attività la trova svalutante e ridicola. Anche gli argomenti proposti (golf, barca a vela), passioni di un tempo, sembrano solo irritarlo. Potrebbe darmi qualche consiglio? Purtroppo questa tipologia di demenza è di difficile gestione e non so più cosa fare. (Lettera firmata)

Buongiorno. Anche nella mia esperienza i colloqui con le persone con FTD sono difficili. La acriticità tipica di questi pazienti (anche del suo?) fa sì che non capiscano il senso dell’incontro e del progetto conversazionale-capacitante. Anche lavorare sul disagio è difficile perché spesso viene negato. Sono comunque convinto che il suo intervento possa essere utile.

Le consiglio di mettere da parte tutte le sue conoscenze professionali e di stare accanto al paziente in modo totalmente nuovo e innocente, come se fosse un bambino alle sue prime conversazioni, che non sa niente e non capisce niente di quello che succede. L’unico suo punto di riferimento deve essere una convivenza sufficientemente felice, nel qui e ora, con lui. Per raggiungere questo scopo, non uno scopo terapeutico né riabilitativo, può utilizzare tutta l’arte della convivenza che ha imparato nella vita e nella formazione professionale. Se adesso la sua presenza è sgradita fin dal primo istante, può approfittare del periodo estivo per una sospensione e per ricominciare a settembre con uno spirito nuovo. Cordiali saluti. Pietro Vigorelli

15. 7 aprile 2014. SUL PARLARE DI SE’ DEL TERAPEUTA, SULLO STIGMA E IL RICONOSCIMENTO

Paolo (v. Pillola n. 14) mi stava parlando dei rapporti con sua moglie, qualche volta difficoltosi, e io ho commentato facendo due riferimenti personali, uno riguardo alla relazione con la mia compagna e un altro riguardo a quella che c’era tra mio padre e mia madre. Eravamo vicini al termine dell’incontro e lui ha reagito così:

PAOLO: Questa volta ha parlato tanto lei. Prima mi chiedevo, mi dirà qualcosa di sè. Per me va bene, mi fa piacere.

Pronunciando queste parole Paolo si è illuminato con aria soddisfatta. Con il mio svelamento avevo stabilito nei fatti un rapporto più paritario e per lui valorizzante (somministrazione di autobiografia=intervento di riconoscimento della validità dell’interlocutore). Con le mie parole lo stigma del malato si è dissolto ed è ricomparsa la persona. 

14. 24 marzo 2014. SUL DESIDERIO DI STARE BENE

PAOLO (v. Pillola n. 11): Una cosa che mi succede… è il bisogno di… una maggiore capacità respiratoria… inspirare fino a che riesco.

TERAPEUTA: Mi fa pensare al desiderio di una vita piena.

PAOLO: Sì, bello, molto bello.

13. 1 marzo 2014. COME SOPRAVVIVERE CON L’ALZHEIMER

MARITE’ è un’amica con l’Alzheimer. E’ consapevole dei propri deficit ma nel contempo non accetta la malattia e la nega. Ha difficoltà a spostarsi e siamo costretti a comunicare per e-mail.

Caro Pietro, quando ho delle assenze di memoria e di parole, vado su tutte le furie, e mi arrabbio tragicamente (segue )

12. 28 febbraio. ROMPERE L’ISOLAMENTO E’ POSSIBILE

PAOLO (v. Pillola n.11): Ne ho parlato con mio fratello e mia cognata, ho allargato il numero delle persone che lo sanno. Mi sento più tranquillo. Non mi ha creato disagio, mi fa sentire più sicuro. (…) Negli ultimi mesi capitava che io facessi errori, anche importanti, facevo fatica a fare operazioni anche semplici. Le prime volte ci rideva, poi mi diceva “sei rincoglionito?”. (…) Da lì ho deciso di dirglielo. Glielo ho detto, c’era anche mia moglie. Gli è molto dispiaciuto, adesso lo sa, ci avrà sofferto, ma ha la pelle dura.

11. 27 febbraio 2014. SULLE DIFFICOLTA’ DI COPPIA

PAOLO (v. Pillola n.10): E’ migliorato un po’ il rapporto con mia moglie, C’è disponibilità da parte sua a essere più carina, dolce. Poi ogni tanto ha i suoi cinque minuti anche lei. Il carattere non posso cambiarglielo.

10. 20 febbraio 2014. SULLA RICERCA DI STRATEGIE DI COPING

PAOLO (v. Pillola n.1): Mi sento in testa come una specie di gelatina e mi aumenta la stanchezza. Spesso mi confondo, parto per cercare gli occhiali e mi trovo con il cellulare in mano. Mi porto la stessa stanchezza, non mi sento fresco, non rendo al meglio, cerco di farmi accompagnare da un collaboratore, perché magari non mi viene il discorso che dovrei fare. Se ho un aiuto mi sento un po’ meglio. E’ una situazione un po’ così, che mi consente di trovare qualche rimedio.

9. 19 febbraio 2014. SU PUNTI DI VISTA DIVERSI

Sandro è un avvocato di quasi 80 ani che vive con la moglie Giovanna. Lui si sente ancora abbastanza efficiente, ma riferisce di numerose dimenticanze, disattenzioni, ripetitività. La moglie è preoccupata e non riesce a sopportare il peggioramento del marito.

TERAPEUTA: Questi disturbi le creano qualche problema?

SANDRO: Sì, con mia moglie, che è pragmatica al 100%. Per esempio, io non mi ricordo quello che ha detto due ore prima e lei si arrabbia.

GIOVANNA: Dottore, mi aiuti. Come posso non andare in tilt?

8. 17 febbraio 2014. IO VOGLIO CONTINUARE

(v. Pillola n.4)

1.RENATO: è la seconda o terza volta?

2.TERAPEUTA: la terza.

3.RENATO: perché io… la memoria… (segue )

7. 9 febbraio 2014. NON TUTTO E’ PERDUTO

PAOLO conosce la propria diagnosi, probabile malattia di Alzheimer, e durante un colloquio di Terapia del riconoscimento dice:

La vita non sarà più quella di prima. Il futuro è difficile da prevedere. Sul presente posso giocare di più.

6. 8 febbraio 2014. SULLA CONDIVISIONE

MATTEO da più di un anno si rende conto di un declino cognitivo anomalo. Da un mese gli è stata comunicata la diagnosi di probabile malattia di Alzheimer. Durante il primo colloquio di Terapia del riconoscimento dice:

La cosa brutta è sentire di non avere nessuno vicino con cui condividere degli stati di normalità.

5. 7 febbraio 2014. MI VUOLE BENE INVECE MI FA MALE

PIER ha 50 anni, sa di avere la malattia di Alzheimer e durante la terapia dice:

Mia moglie vorrebbe fare di tutto perché io stessi bene, ma io non la reggo perché è… autoritaria, molto sicura di sé. Lo fa con amore, ma io sto peggio.

4. 5 febbraio 2014. I MIEI PILASTRI

Frammento di una conversazione terapeutica:

1.RENATO: Io sono quello di prima.

2.TERAPEUTA: Io sono quello di prima.

3.RENATO: Basta tappare di qui, tappare di lì. Io sono qui, la mia memoria è lì.

4.TERAPEUTA: E’ come nei computer, che hanno una memoria esterna. Per lei sua sorella è una memoria esterna, anche il ragioniere.

5.RENATO: Sì, proprio così. Marta e il ragioniere sono i miei pilastri. Dico bene?

6.TERAPEUTA: I miei pilastri, sì.

3. 3 febbraio 2014. SUL DISAGIO DELL’ALZHEIMER

GEROLAMO sa di avere la malattia di Alzheimer e racconta la sua fatica:

Io sono uno che faccio quello che voglio io, fin dove posso. Adesso che ho l’Alzheimer faccio fatica a stare in mezzo a quelli che non ce l’hanno.

2. 29 gennaio 2014. SUL BISOGNO DI AFFETTO

GIANNI sa di avere la malattia di Alzheimer ma non si dispera:

Io sto benone adesso perché ho vicino delle persone che mi vogliono bene. Questo mi fa veramente contento.

1. 28 gennaio 2014. SULLA COMUNICAZIONE DELLA DIAGNOSI E LA RESILIENZA

PAOLO è un professionista di poco più di cinquant’anni che mi ha colpito fin dal suo ingresso in studio per la sua altezza e l’aria mite. Ha una bella famiglia e un buon lavoro. Da due anni si è accorto che la memoria è diminuita, (segue )